Cronaca di un viaggio II

E’ ormai fuori da ogni dubbio il fatto che da qualche anno a questa parte l’Irlanda stia vivendo una stagione d’interesse senza precedenti. Anche in Italia infatti, si sono moltiplicate riviste che di riflesso toccano quel paese, vuoi per la cultura come per la musica, vuoi per la storia come per la natura incontaminata: “Celtica”, “Avalon”, “Keltika”, solo per citare le più diffuse. In effetti l’Irlanda -terra tormentata dai noti problemi legati agli inglesi- è un paese straordinario, che forse più di tante altre nazioni europee ha mantenuto una forte identità che, unita alla indescrivibile bellezza del paesaggio ed alla naturale simpatia degli stessi irlandesi, ne fanno un luogo realmente unico. Per non parlare del clima; mentre in Italia e in buona parte d’Europa una torrida estate bruciava campagne e cervelli – per dirla alla Guareschi - in Irlanda del Nord si dormiva con i termosifoni attivi mentre più al Sud maglioni e giubbotti facevano le loro quotidiane comparse. E che impressione, soprattutto al visitatore meno preparato, tutti quei cimiteri di campagna in cui centinaia di croci celtiche creano un alone di mistero “magico”, senz’altro complici anche silenzio e vento: in breve, non vi è angolo in cui questa terra non regali un’emozione profonda, forse ancestrale. Ma più di tutto, quella che oggi è una delle grandi risorse irlandesi, la riscoperta dei tanti siti archeologici megalitici, siti che soltanto fino a qualche decennio fa non godevano di così tanto interesse come invece è da qualche tempo. New Grange, Navan Fort o Tara, solo per citare i più visitati, si confondono sul territorio in mezzo a dozzine e dozzine di altri luoghi preistorici meno noti e a volte accessibili soltanto dopo lunghe ricerche, ora immersi in una profonda campagna o su di una ripida cima di qualche collina affettata dal vento da cui si domina la piana. Pietre, pietre di 4 o 5 mila anni che immobili testimoniano presenze perse nella nebbia del tempo, e forse per questo avvolte in un’aura mistica che coinvolge anche il più distratto dei visitatori: menhir, dolmen, cromlech magari più modesti di Stonehenge ma non per questo meno affascinanti, sono di fatto una delle più preziose risorse culturali di tutta Europa. Ma l’Irlanda stessa è magica; il cielo, l’oceano, la musica, tutto concorre a suscitare stati d’animo “alterati”, indescrivibili, profondi, così come le infinite distese verdi letteralmente disseminate di mucche al pascolo o di greggi in libertà selvaggia. Un’atmosfera che rapisce e che trasforma ogni pretesto in un’avventura ai confini del reale come quando -sia concesso un aneddoto- alla ricerca del paese natale di Rory Gallagher, immenso chitarrista irlandese di fama mondiale in cui il comune ha recentemente fatto erigere una targa commemorativa, si presentò un’appendice estrema dell’Oceano Atlantico che da quelle parti crea un’irreale palude. Quattro case, un cielo plumbeo e una capra stranita da tre pellegrini arrivati fin lì chissà da dove e chissà perché; su di una delle solitarie abitazioni scritte gaeliche e brani di poesia, di fronte l’Oceano profondo un centimetro fino all’orizzonte. Difficile dimenticare l’Irlanda, e pensare che per molti di noi la portarono forse più di Yeats o Joyce proprio Rory Gallagher, Van Morrison o i Chieftains, a cui è impossibile non regalare anche solo un piccolo ma sentito grazie, però profondo come il cielo d’Irlanda. “Da dove vieni? E’ la prima volta che vieni? Cosa hai visto? Cosa vedrai?”, questo chiederanno a chiunque di passaggio gli irlandesi ma non è invadenza, tutt’altro, piuttosto genuina curiosità. Così come nei paesi -che loro chiamano città data la scarsa densità demografica- tutti saluteranno per strada, tanto che il visitatore dovrà abituarsi con malcelato piacere (specie italico) quando il saluto arriverà da una bella e fresca irlandese. O quelle colazioni, tipicamente nordiche, con cui il pellegrino dovrà fare i conti fino alla fine, adeguandosi invece a pranzi frugali: peraltro dopo uova, patate, salsicce, marmellate, insalate, prosciutti, pane tostato, burro e litri di caffè latte nel quale però il caffè è soltanto un molto lontano parente, serviti all’alba….. Ma poco male, poco più tardi una Guinness –ormai realmente assunta al ruolo di istituzione nazionale- rimetterà ogni cosa al suo posto: ciononostante però attenzione, al Nord decine di cartelli avvertono che in certe zone è tassativamente proibito consumare alcolici, pena una multa che è uno stipendio (500 sterline), e attenti a non trasgredire perché telecamere ben visibili tengono sotto controllo la situazione. Peraltro al Nord non puoi non notare quelle stridenti camionette militari occupate da soldati mitra in mano e visiera calata, che lente percorrono le strade delle città: sì, sarò schietto e banale, ma e se questi inglesi se ne stessero un po’ a casa loro? Cattolici e protestanti? Mah, forse ai distratti come me sembrerà di vedere piuttosto inglesi a casa d’altri e irlandesi a casa loro che altro, così come sterline al Nord ed Euro al Sud, così come vecchie scritte inneggianti alla libertà per i prigionieri politici: così va l’Irlanda del Nord.

Ma il confine, nonostante torrette e caserme di controllo è libero passaggio, segno di una tranquillità che Dio solo sa se e fino a quando durerà. “Dio stramaledica gli inglesi!”, qualcuno disse un tempo, e ci dovrà pur essere qualche ragione se dall’India all’Irlanda così come dall’Italia alle colonie tutti se la prendono con il paese dei Beatles. Stride, comunque stride questo luogo pulito e assai poco consumatore di pesce, attraversato da fastidiose camionette militari. Ma resta la Repubblica, quella dell’Euro: immensa, magica, libera, travolta da verde e pioggia che lascia posto al sole 48 volte al giorno per tornare due minuti dopo: difficile dire cosa piace dell’Irlanda, di tutta l’Irlanda. Forse proprio l’Irlanda. Difficile dimenticare gli spazi, le fattorie, i ruderi dei castelli normanni, i parchi, i pub, i colori delle case in bilico con l’irrealtà o i mille tombini ornati con triskell, antichissimo simbolo della ciclicità della vita e della morte. Difficile non innamorarsi di questo paese dalla cristianità lacerata, dalla paganità presente e viva e dalla musica misteriosa e “impossibile” come quella dei Dervish della grande cantante Cathy Jordan - curioso nome per un gruppo gaelico- il cui nuovo lavoro (“Spirit”; sito internet: www.dervish.ie) lascia storditi di bellezza. Arcana, sottile, irreale, divina.


Lodovico Ellena

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